Vajont 60 anni dopo, il diario del geologo: «Mio padre non riuscì a evitare la tragedia, inascoltati i suoi studi. Pregava ogni giorno per le vittime»

Sabato 30 Settembre 2023 di Federica Fant
Il diario del geologo figlio del progettista della diga che avvertì il padre del pericolo

LONGARONE (BELLUNO) - È iniziato con la cronaca toccante di quei giorni dopo il disastro, documenti inediti e un minuto di silenzio per le 1910 vittime, il convegno avviato ieri a Longarone che ha visto riuniti i geologi d’Italia e d’Europa per una riflessione sul tema “Vajont, 60 anni dopo il disastro: grandi opere e sostenibilità tecnica, ambientale, economica e sociale, le nostre esperienze, le novità normative”. Ad aprire i lavori la lettura da parte del giornalista Pietro Tonti di “GeologiTv” dell’articolo di Dino Buzzati tratto dal Corriere della Sera dell’11 ottobre 1963, poi quello dell’inviato de Il Gazzettino di Arnaldo Gervasoni sempre nella stessa data. «Per entrambi è stata la montagna crudele che ha tradito - è stato detto ieri - oggi sappiamo che non è stata la montagna bensì la sottovalutazione dell’uomo, del tecnico che sapeva e che forse non ha voluto accettare la realtà».

LA TESTIMONIANZA

Il geologo Pietro Semenza dal palco ha letto le parole che suo padre, Edoardo Semenza, geologo incaricato a sua volta dal padre Carlo Semenza (nonno di Pietro), ingegnere progettista per la diga del Vajont. Edoardo le scrisse a seguito delle rilevazioni effettuate sul versante nord del monte Toc. «Mi ha confessato una volta - ha detto Pietro Semenza - che pregava tutti i giorni per le vittime perché nonostante questi studi approfonditi che erano riusciti anche a inquadrare il problema geologico e riconoscere l’esistenza della “paleofrana” ben 4 anni prima della grande frana del 1963, riteneva che tutto ciò non era riuscito ad evitare la tragedia. In tutta la sua attività accademica di insegnamento ed ha cercato di profondere questa sua conoscenza agli studenti nell’Università di Ferrara per oltre 40 anni e li ha portati a conoscere la frana e a fare in modo che dalla conoscenza si potessero evitare simili disastri». E la lettura delle pagine scritte dal padre. «I dati consentivano di formulare diagnosi dettagliata, ben più di una ipotesi - le parole dagli appunti di Edoardo Semenza - esposi questa ipotesi subito a mio padre (Carlo Semenza ndr) alla fine di agosto 1959 che ne parlò subito con Giorgio Dal Piaz (geologo feltrino considerato uno dei padri della moderna geologia in Italia ndr). Questi però negò ogni validità alle mie conclusioni anche per iscritto». «Mio padre nel suo quaderno di appunti ha conservato lo schizzo di un profilo geologico da me fatto nell’agosto 1959 che indica la situazione del Pian del Toc e del Colle isolato. Ho sempre pensato che credesse di più a me nonostante la lunga amicizia e rispetto che aveva per il professore allora quasi 90enne, ma ora ritengo, avendo esaminato tanti documenti, che probabilmente fosse tanto incerto». 

IL MINISTRO 

Ma l’attesa era tutta per il vicepresidente del consiglio, ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti, Matteo Salvini che si è collegato dall’aeroporto di Linate con il suo cellulare, pur senza immagine, perché ha detto «non vi perdete un grande spettacolo comunque». Ha parlato anche del ponte dello Stretto di Messina annunciando che «Nel comitato tecnico-scientifico che dovrà accompagnare l’opera vi saranno anche geologi e altre professionalità. Non per distribuire cariche ad honorem, ma perché queste professionalità dovranno accompagnare questo progetto». «È un’opera che nasce per norma nel 1971, quando non ero ancora nato, e penso che l’Italia dopo 52 anni di dibattito, approfondimento e analisi meriti nell’estate 2024, nonostante polemiche e dubbi e scetticismi che posso anche capire», ha concluso. 

I GEOLOGI

«Il Vajont ha rappresentato per noi geologi l’inizio del cammino all’interno della società», è stato detto poi entrando nel vivo dei lavori. Significativo l’intervento del presidente della Provincia e sindaco, Roberto Padrin, che ha ricordato che la due giorni si chiuderà con la visita alla diga oggi «luogo deputato dove si può veramente rendersi conto di quello che è accaduto 60 anni fa». «I geologi sono voluti tornare qui dopo 10 anni da quel consiglio del 2013 - ha proseguito - in cui c’era stata una sorta di riconciliazione tra la geologia e le comunità del Vajont. Sono stati ammessi alcuni errori di valutazione che forse con le conoscenze di oggi non si sarebbero più commessi». Il presidente Padrin ha ricordato poi che la tragedia va analizzata ancora, a 60 anni di distanza sotto vari aspetti scientifico, della giustizia «perché si sono inanellati tutta una serie di errori che hanno provocato quello a cui purtroppo abbiamo assistito». E se nel settore geologico quella lezione è stata imparata ha detto Padrin, «in altri settori no come quello della prevenzione, dove si investe sempre e solo dopo eventi drammatici». Il sindaco di Erto e Casso, Antonio Carrara, poi ha lanciato un’idea dell’amministrazione: «Vorremmo fare in questa Valle una scuola permanente di geologia: studiare sia la frana ma anche quel fenomeno che è unico al mondo. Sarebbe un sogno per noi». Letti poi i messaggi dei governatori Luca Zaia e Massimiliano Fedriga. Intervenuto invece il ministro per la protezione civile Nello Musumeci che ha ricordato la commozione provata nella sua recente visita al cimitero di Fortogna. 

I DATI
Il presidente della fondazione Centro studi del consiglio geologi, Lorenzo Benedetto, ha dato alcuni dati: «Censite più di 621mila frane, nel Veneto sono 9500 e nella provincia di Belluno sono quasi 6mila».
 

Ultimo aggiornamento: 1 Ottobre, 13:46 © RIPRODUZIONE RISERVATA
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