Crisi di mercato? L'agricoltore polesano fa la scelta vincente: via pere e susine, dentro le nocciole preziose per i dolci

Raffaello Mantovani oggi conta cinque ettari a noccioleto a Villanova del Ghebbo e l’anno prossimo intende raddoppiare

Mercoledì 20 Dicembre 2023 di Alessandro Garbo
Raffaello Mantovani con le nocciole di sua produzione

ROVIGO - Dalla frutta fresca alla frutta secca. Un cambiamento indotto dalla perdurante crisi di mercato. È stato quando, alcuni anni fa, gli hanno pagato le susine tre centesimi al chilo che Raffaello Mantovani, agricoltore polesano che fa capo a Confagricoltura Rovigo, ha deciso di tagliare susini e peri, investendo in nocciole. Una scommessa vinta dal produttore, che oggi conta cinque ettari a noccioleto a Villanova del Ghebbo e l’anno prossimo intende raddoppiare, arrivando a dieci ettari. 

LA SVOLTA

Investimenti contenuti, poca manodopera e trattamenti ridotti: così riassume la sua scelta Mantovani, titolare dell’omonima azienda agricola, che produce anche insalata e orticole nella sede principale di Lusia e pomodoro da industria e cereali a Lendinara. «Nel Polesine, per decenni, susine, mele e pere sono state piante molto diffuse e redditizio - spiega - poi la concorrenza dei Paesi stranieri, la siccità, le fitopatie e la crisi economica innescata dal conflitto russo-ucraino hanno dato la mazzata definitiva al settore.

Ho chiuso annate a redditività zero. Ed ho capito che dovevo cambiare strada, se non volevo soccombere. Così ho cominciato a sostituire susini e peri con i noccioleti, piante rustiche che danno più sicurezza di portare a casa un reddito. Ho ancora sette ettari di pere e cinque di susine, ma ogni anno c’è un problema: una volta manca la produzione, un’altra i prezzi che ci pagano sono troppo bassi, l’altra ancora c’è il problema delle fitopatie, contro le quali non abbiamo quasi più armi di difesa perché ci hanno tolto tutti i principi attivi. Così il prossimo anno tirerò via una decina di ettari di frutteto e pianterò altri noccioleti». 

IL MERCATO

Le noccioline sono molto richieste: l’Italia, infatti, è deficitaria del 70% rispetto alla domanda. «Industrie come Loacker e Ferrero chiedono prodotto italiano, perché da Paesi come la Grecia, la Turchia e l’Algeria arriva merce di qualità inferiore. Questo mi sta spingendo a investire ancora di più su questo fronte. Quest’anno ho prodotto 40 quintali di nocciole, ma quando le piante saranno al 100% della produzione le rese arriveranno a 20-25 quintali all’ettaro e il raccolto sarà foriero di soddisfazioni. Nel frattempo, ho acquistato una macchina per la raccolta e una per la pulitura, così sono riuscito a risolvere il problema annoso della carenza di manodopera. Il prossimo anno acquisterò un essiccatoio. Adesso ho iniziato a confezionare anche i sacchetti di nocciole natalizie, con l’aiuto di moglie e figli. Nel 2022 il prezzo pagato a noi produttori per le nocciole è stato soddisfacente: 320-330 euro al quintale, si prevede che salga a 350 euro».

In Veneto sono circa un migliaio gli ettari coltivati a nocciolo. In Polesine parecchie aziende di seminativi e frutticole stanno piantando noccioli per differenziare le colture, da Badia Polesine a Ceregnano, con il supporto dei tecnici di Confagricoltura. I costi sono contenuti: 3.500-4.000 euro a ettaro, comprese preparazione del terreno e messa a dimora.

Ultimo aggiornamento: 21 Dicembre, 12:11 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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