Reati dei minori, Crepet: «Chiudere i profili social, a scuola i cellulari non si devono usare mai. Le famiglie controllino»

Lo psichiatra: «Difficile vigilare dentro le mura domestiche, devono farlo i genitori»

Giovedì 7 Settembre 2023 di Graziella Melina
Reati dei minori, Crepet: «Chiudere i profili social, a scuola i cellulari non si devono usare mai. Le famiglie controllino»

Se il ragazzino usa sempre lo smartphone, riprende immagini e gira video in modo inappropriato e poi commette attivi di violenza «la responsabilità è dei genitori che non lo controllano». Sulla questione degli adolescenti che non rispettano le regole lo psichiatra Paolo Crepet lo ripete con fermezza, mettendo l’accento in particolare sull’educazione scolastica: «Almeno a scuola i cellulari non si devono usare mai». 

Ma come si fa a evitare che gli adolescenti usino le nuove tecnologie in modo corretto? 

«Il vero problema è che sono i genitori che vogliono che i figli abbiano il cellulare.

Con tutti i ricorsi al Tar che ci sono stati, avremmo dovuto capirlo che la questione va risolta a monte». 

Secondo lei sono i genitori che dovrebbero vigilare meglio? 

«Ma certamente. Sono proprio loro i primi che dovrebbero monitorare i figli, capire cosa fanno e come si comportano con gli altri, ma non lo fanno affatto. Lo vediamo tutti i giorni». 

Molto spesso però è difficile riuscirci: stanno fuori per lavoro e i ragazzi sono soli e senza controllo. 

«Ma possono verificare quello che fanno i figli la sera, quando rientrano a casa. Va bene la scusa del lavoro, ma non dimentichiamo che non è che i genitori lavorano fino alle due di notte. Il problema è che dopo una giornata fuori, non hanno voglia di andare a vedere cosa hanno fatto i ragazzi in loro assenza, cosa hanno filmato, dove si sono collegati. Eppure, dovremmo saperlo: prendersi cura dei figli e verificare se hanno compiuto azioni corrette o meno è una regola morale dei genitori».

Forse però molti adulti sottovalutano i rischi dei social, oppure non sono in grado di intercettarli. 

«Ma non è solo questo il problema. In realtà, c’è un tema che si sottovaluta, e su cui dovremmo interrogarci: è noto infatti che spesso sono gli adulti stessi che usano i social, mandano video, usano le chat, si collegano agli stessi siti web che utilizzano gli adolescenti. Del resto, se osserviamo influencer e youtuber, un aspetto è evidente, ossia l’età: non si sono solo minorenni, o solo adulti. Io sostengo che è possibile senz’altro un buon uso oppure un cattivo uso della rete, ma spesso è molto difficile stabilire qual è il buon uso. Ma una cosa è certa: se una ragazzina si mette in mutande e si fa riprendere non mi pare sia un buon uso». 

E allora come si risolve la questione? 

«La mia idea è che intanto fino a una certa età, per esempio fino a 14 anni, almeno a scuola non si debbano usare i cellulari. E questo limite bisogna definirlo come legge dello Stato, altrimenti poi ognuno fa come vuole. In sostanza, le norme occorre saperle fare applicare, altrimenti è tutto inutile». 

La scuola cosa può fare, corsi specifici? 

«Ma non bastano gli esperti, dove li mettiamo e quanti ne servirebbero?». 

La decisione del governo di togliere i cellulari a chi commette un reato come la valuta? 

«La questione è davvero molto complessa. E questa norma non può bastare. Sono il primo a dire che ormai si tratta di un problema sociale, il punto è però come è possibile trovare una soluzione al problema». 

Per esempio? 

«Cominciamo dai luoghi dove può intervenire lo Stato, il governo, il ministero. Perché nessuno può intervenire dentro le 4 mura domestiche, per cui alla fine si può dare a un ragazzino di 13 anni il telefonino per tutta la notte e nessuno incorre in nulla di strano». 

Ritorniamo al punto dolente. Bisogna educare i genitori? 

«Ma certo. Su Onlyfans chi ci va? Accedono sia adulti che minorenni. Riflettiamo poi su un dato: se è vero che ci sono ragazzini che giocano a soldi, con le partite on-line, come è possibile che dispongano di soldi, chi gli ha dato la carta di credito? Ma, ripeto, è una situazione molto difficile da risolvere». 

E allora, a questo punto, lei cosa propone? 

«Secondo me bisognerebbe bloccare i profili social. Però, non so se sarà così semplice metterlo in pratica. Anche perché spesso non vengono usati profili personali, ma quelli della mamma, oppure della zia. Forse, il tribunale dei minori dovrebbe attivare la polizia postale, che però ha già il suo gran da fare. Insomma, è una questione molto complicata. Ma di certo, servono norme che regolino questo aspetto». 

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