La decisione riguarda una ricorrenza liturgica e (apparentemente) solo la sfera religiosa eppure il passo epocale fatto dalla Chiesa greco cattolica dell'Ucraina di festeggiare il Natale il 25 dicembre e non più il 7 gennaio e l'Epifania il 6 gennaio e non il 19 segna una ulteriore distanza con Mosca, una presa di posizione contro il Patriarcato di Kirill legato a doppio filo con il Cremlino.
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«Tenendo conto delle numerose richieste dei fedeli e dopo le consultazioni preliminari con il clero e i monaci della nostra Chiesa circa l'imminente necessità di riformare il Calendario liturgico della Chiesa greco-cattolica in Ucraina, nonché tenendo conto delle ragioni pastorali». Shevchuk ha detto che per le parrocchie o le singole comunità che non si dichiarano pronte per tale passo c'è la possibilità di continuare come è sempre stato ma solo fino alla fine del 2025.
Nel documento ufficiale del Sinodo si legge che la modifica è stata adottata «tenendo conto delle numerose richieste dei fedeli e avendo condotto consultazioni preliminari con il clero e il monachesimo della nostra Chiesa circa l’urgente necessità di revisione del calendario liturgico». La riforma riguarda le solennità “fisse”. Ma non interessa la Pasqua che, come per le Chiese di rito orientale, continuerà a essere celebrata la settimana successiva rispetto a quella latina: quest’anno il 16 aprile, mentre a Roma cade il 9 aprile. E c’è una ragione, chiarisce il testo di sintesi: «Attualmente è in corso una discussione tra le Chiese cristiane su una Pasqua comune rinnovata, che consentirà a tutto il mondo cristiano di celebrare insieme la Pasqua. Questa decisione potrebbe maturare entro il 2025, quando celebreremo l’anniversario del Concilio di Nicea del 325».