Smettere di fumare dopo diagnosi di cancro: riduzioni della mortalità tra il 43% e il 52%

Venerdì 2 Febbraio 2024
Smettere di fumare dopo diagnosi di cancro: riduzioni della mortalità tra il 43% e il 52% Supporto alla cessazione va previsto nella consulenza oncologica sin dalla diagnosi
Fumare non è solamente un fattore di rischio per l’insorgenza del cancro, ma dopo una diagnosi i componenti tossici del fumo di tabacco interferiscono con le terapie e la loro efficacia.
Inoltre, aumentano gli effetti collaterali e diminuisce la sopravvivenza. Ecco perché sempre più studi suggeriscono che smettere di fumare dovrebbe essere consigliato e supportato anche dopo la diagnosi oncologica. E’ l’argomento che ha monopolizzato la discussione del Meet The Expert ‘More risk reduction policies needed’ che si è svolto giovedì 1 febbraio. Voluto dall’Osservatorio MOHRE in previsione della COP10 sul tabacco che si svolgerà dal 5 febbraio, per discutere come normative severe sui prodotti alternativi al tabacco possono avere due effetti peggiorativi sulla salute: riportare gli attuali svapatori alle sigarette e allontanare dalla cessazione proprio chi ne avrebbe maggiore beneficio. Durante l’incontro sono state illustrate alcune ricerche: già nel 1964 il rapporto del Surgeon General degli Stati Uniti aveva delineato formalmente per la prima volta i vari effetti negativi del fumo sulla salute umana, in particolare la correlazione tra il fumo e l'incidenza del cancro 1. Nel Surgeon General's Report del 20202 gli autori sottolineano come smettere di fumare, anche dopo una diagnosi di cancro, è associato a migliori risultati del trattamento e influisce sulla sopravvivenza globale, dopo aver valutato un totale di 10 studi per un totale di quasi 11.000 pazienti. In sei dei sette studi che hanno confrontato la cessazione del fumo con il fumo continuato, la cessazione del fumo è stata associata a riduzioni statisticamente significative della mortalità complessiva con una riduzione mediana del 45%. I benefici della cessazione
quindi si manifesterebbero in maniera più rapida di quanto avvenga con i danni che sono lenti e cumulativi. Tutti gli studi che hanno valutato la cessazione dal fumo sono stati statisticamente significativi, con riduzioni della mortalità tra il 43% e il 52%. Al contrario, continuare a fumare da parte dei pazienti con cancro aumenta il rischio di mortalità complessiva di una mediana del 50% e la mortalità correlata al cancro di una mediana del 60% in tutti i tipi di tumori maligni e trattamenti. “Ovviamente bisogna tenere conto di un aspetto che rende molto complesso affrontare l’argomento della cessazione in una persona con cancro: se da un lato la diagnosi apre una finestra di ricevibilità e rende la persona sensibile a qualsiasi tema possa diminuire l’impatto della diagnosi, dall’altro lato, chiedere ad una persona di smettere è un impegno gravoso quando tutte le energie mentali sono impegnate a fronteggiare e a fare coping sulla malattia, i timori, le incertezze. Questo significa che l’impatto della cessazione proposta deve essere il più lieve possibile e che deve sconvolgere il meno possibile la vita della persona già provata psicologicamente. In questo setting particolare si pone la sostituzione delle sigarette con le alternative senza combustione anche se con nicotina, sostanza che viene ricercata per diminuire l’ansia e lo stress” spiega il Dottor Fabio Beatrice, Direttore del Board Scientifico del MOHRE. “Oltre all'aumento associato della sopravvivenza per i pazienti con cancro che hanno smesso di fumare, è stato notato che la cessazione del fumo ha benefici per la salute a qualsiasi età con conseguente miglioramento della qualità della vita e aggiungendo fino a 10 anni alla durata della vita. Ecco perché la comunicazione ai fumatori deve insistere sui vantaggi e non solamente sui rischi che dal punto di vista cognitivo sono soggetti a resistenze se non a vere e proprie ‘rimozioni’” ha sottolineato la Dottoressa Johann Rossi Mason, Direttore dell’Osservatorio MOHRE. La risposta alle terapie oncologiche dipende anche dalla quantità di sigarette fumate durante la vita: i pazienti che fumano più di 40 pacchetti l'anno hanno una risposta peggiore alla chemio, rispetto a quelli che fumano meno. E quindi fondamentale calcolare il fumo cumulativo ossia il numero di pacchetti l'anno per il numero di anni fumati. “Nel concetto di riduzione del rischio non possiamo omettere i vantaggi economico sanitari degli interventi: oltre alle morti evitabili, il fallimento dei trattamenti antitumorali a causa del fumo impattano per 10.700 dollari a paziente. Se pensiamo che in Italia nel 2023 ci sono state 395mila nuove diagnosi di tumore e che il 24% della popolazione fuma, i vantaggi di programmi di aiuto alla cessazione dopo la diagnosi potrebbero essere determinanti in termini clinici ed economici” conclude il Dottor Fabio Beatrice.
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