Chi meglio di un giardiniere o di un bidello per gestire centinaia di mutui dal valore complessivo di decine di milioni di euro all’anno? All’Ipa andava così.
IL DOCUMENTO
Non stupisce allora che le carte riservate dell’Ipa, di cui Il Messaggero è in possesso, svelino prestiti da 50 a 100mila euro concessi a dipendenti già protestati anche quattro o cinque volte, morosi nei confronti della stessa Ipa, che nessuna banca avrebbe finanziato mai. E che poi, ovviamente, in molti casi non venivano restituiti. Spesso, si legge in un documento interno del 2021, i funzionari dell’Istituto non hanno trovato alcuna autorizzazione ai finanziameni. Eppure gli accrediti sul conto corrente dei debitori risultano contabilizzati. Insomma, l’istituto apriva la cassaforte e liquidava centinaia di migliaia di euro, senza che nessuno avesse dato il via libera all’esborso.
LE STORIE
Un dipendente dell’Ama, L. W., per esempio, ha ottenuto 31.785,92 euro. Ma «dalla documentazione in possesso non vi è alcuna approvazione del prestito in questione», si legge nella relazione del 2021. Ora la pratica è gestita dall’Ufficio Recupero credito, perché dopo essersi assicurato il mutuo (va ripetuto, mai autorizzato) il netturbino ha smesso di pagare. Un caso isolato? Un altro dipendente, stavolta del Comune, L.P., ha ottenuto 75mila euro, ma anche in questo caso «dalla documentazione in possesso, non vi è alcuna approvazione del prestito». E accade lo stesso per un altro dipendente comunale che ha incassato nel 2017 quasi 54mila euro e per un addetto dell’Ama che si è visto bonificare 50mila euro ad aprile del 2016. E per tanti altri ancora. In alcuni casi, i funzionari procedevano ad accreditare i soldi richiesti dai dipendenti, anche se nei verbali del Cda i loro nomi erano stati cancellati a penna. Tradotto: non si poteva procedere. «Il prestito - si legge nello stesso file del 2021, che riepiloga alcune situazioni debitorie - risulta chiesto, ma nel verbale del Comitato esecutivo il nominativo del dipendente è depennato. Tuttavia il prestito di euro 59mila risulta attivo». Pagato comunque, alla cieca.
Viene da chiedersi: chi controllava? Secondo Serini, come è scritto in un esposto del 4 ottobre 2021, «l’esercizio istruttorio delle richieste di credito era interamente delegato a soggetti non in possesso delle dovute competenze e professionalità». Impiegati di fascia «C1» o addirittura «B», che tradotto dal burocratese delle gerarchie comunali, significa impiegati del rango più basso. Spesso senza nemmeno il diploma di maturità. Giardinieri e bidelli, riconvertiti a contabili per amministrare partite milionarie. Secondo l’ex commissario non era solo sbadataggine dei vertici. Dietro, ci sarebbe stata «una strategia appositamente deliberata».