Trapianto di virus nell'intestino per combattere obesità e diabete con l'aiuto della dieta

Lunedì 25 Maggio 2020 di Giampiero Valenza
Trapianto di virus nell'intestino per combattere obesità e diabete con l'aiuto della dieta
E’ con i “trapianti di feci”, oggi usati per trattare alcuni tipi di diarrea resistenti agli antibiotici, che si apre una nuova strada per trattare l’obesità e il diabete di tipo 2. A dirlo è uno studio dell’Università di Copenhagen.

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Negli ultimi anni, i trapianti fecali da donatori sani a pazienti malati sono diventati un modo per trattare un grave tipo di diarrea causata dal batterio Clostridioides difficile. Recenti studi, condotti sui topi, suggeriscono che un trattamento simile (in cui viene trapiantato solo il virus presente nelle feci) può aiutare proprio le persone che soffrono di obesità e diabete di tipo 2. La maggior parte delle particelle di virus trasmesse sono quelle dei cosiddetti batteriofagi, virus che attaccano altri batteri e non l'uomo.
 


Spiega Dennis Sandris Nielsen, del Dipartimento di Scienze dell'alimentazione dell'Università di Copenaghen e autore senior dello studio pubblicato su Gut del British Medical Journal, che quando vengono trasmesse "particelle di virus dalle feci di topi magri a quelli ovesi, i topi obesi raggiungono un peso significativamente inferiore rispetto a quelli che non ricevono il trapianto di feci". Dunque, dimagriscono.

Questo metodo sembra anche proteggere i topi dallo sviluppo dell'intolleranza al glucosio (un segno distintivo del diabete di tipo 2), una malattia che inibisce il corpo dal corretto assorbimento dello zucchero. Gli esperimenti hanno dimostrato che i topi obesi che hanno ricevuto un trapianto di virus intestinale da topi magri hanno reagito a una iniezione di glucosio non diversamente da quelli magri.

"Nei topi obesi con una dieta ricca di grassi, che non hanno ricevuto il trapianto di virus, abbiamo osservato una ridotta tolleranza al glucosio, che è un precursore del diabete. Abbiamo influenzato il microbioma intestinale in modo tale che i topi con stili di vita malsani non sviluppassero alcune delle malattie comuni scatenate da una cattiva alimentazion ", spiega Torben Sølbeck Rasmussen, primo autore dello studio. E' lui a sottolineare che questo metodo deve essere integrato con un cambiamento nella dieta. Inoltre, probabilmente proprio questo trattamento non sarà mirato ai casi di obesità in generale, ma solo a quelli più gravi.

Secondo i ricercatori ci vorranno alcuni anni prima che il metodo possa essere ampiamente implementato. Sono necessari ulteriori esperimenti, e ovviamente sarà necessario passare anche alle ricerche sull'uomo.

"I topi sono il primo passo. La nostra speranza è che, a lungo termine, possa essere sviluppato un cocktail ben definito di batteriofagi che abbia un rischio minimo di effetti collaterali", conclude Nielsen.
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