Il “campo larghissimo” punta sulla spinta del vento sardo e punta sui big nazionali (che arriveranno in rigoroso ordine sparso); il centrodestra risponde a tutta velocità con il miliardo di euro per la ferrovia Pescara-Roma, messo ufficialmente a disposizione ieri dal Cipess, il Comitato interministeriale per la programmazione economica e lo sviluppo sostenibile. La contesa tra il fedelissimo meloniano Marco Marsilio, a caccia del primo storico bis per un uscente e il docente Luciano D’Amico, rinvigorito dopo il successo di Alessandra Todde in Sardegna (possibile il suo arrivo all’Aquila l’8 marzo, per chiudere la campagna), è entrata nella sua fase cruciale, a una manciata di giorni dal voto del 10 marzo.
Ieri la maggioranza ha calato l’asso della Pescara-Roma, la ferrovia che da decenni attende la velocizzazione e che oggi torna al centro del dibattito dopo che il Cipess ha dato sostanza agli annunci della premier Giorgia Meloni e del ministro delle Infrastrutture e Trasporti, Matteo Salvini, stanziando i 720 milioni di euro che si aggiungono ai 231 del Fondo opere indifferibili, a fronte di un costo complessivo di 951 milioni per i primi due lotti (l’opera completa vale circa 7 miliardi), ovvero il raddoppio delle tratte Interporto d’Abruzzo-Manoppello-Scafa.
Per le opposizioni, però, il “timing” della decisione ha molto a che fare con la scadenza elettorale. Lo ha detto a chiare lettere il deputato abruzzese del Pd, Luciano D’Alfonso: «Giorgia Meloni non dice che i fondi sono soltanto una parte dei soldi che furono tolti all’Abruzzo dal suo governo nell’estate scorsa: tra giugno e luglio 2023 l’esecutivo nazionale si è ripreso 1 miliardo e 465 milioni, ora ci restituiscono 720 milioni. Mancano ancora 745 milioni per completare la restituzione dei fondi tagliati e mancano ancora 5 miliardi 585 milioni per completare il finanziamento dell’intera opera. È squallido dare l’elemosina con una mano mentre si è abbondantemente preso con l’altra».
LA VISITA
Concetti simili a quelli espressi dal leader Cinquestelle Giuseppe Conte, che ieri ha iniziato un tour abruzzese di quattro giorni partendo dal centro storico dell’Aquila: «È un segno di grande debolezza l’errore che Meloni sta compiendo anche qui, promettendo in campagna elettorale la Roma-Pescara». «C’è un vento di cambiamento, una voglia di rinnovamento che adesso mi giunge anche dall’Abruzzo» ha detto Conte riferendosi alle elezioni sarde e senza chiudere la querelle con Carlo Calenda e Azione, che a livello nazionale hanno detto di non poter «non parlare con Conte» dopo le stilettate dei giorni scorsi: «Contento delle dichiarazioni? Calenda dichiara molto spesso, come dico io, senza alcuna offesa, bisogna prenderlo nel giorno giusto e nell’orario giusto. I comportamenti concreti sono importanti» ha replicato Conte. In attesa della Todde, che D’Amico ha invitato, non ci sarà la riedizione della “foto di Vasto” del 2011 (Vendola, Di Pietro, Bersani). I leader arriveranno infatti alla spicciolata: dopo Conte toccherà alla Boschi (domani, in attesa di Renzi, forse il 6), poi proprio a Calenda (il 4 marzo), Vendola (5 marzo), Bersani (6 marzo) e infine Schlein (7 marzo). In mezzo il centrodestra, unito, il 5 marzo a Pescara.