Louise Brown, la prima bimba concepita in vitro nel 1978: «Ma quale cicogna, mi portò la provetta»

Mercoledì 10 Gennaio 2018 di Cristina Marconi
Louise Brown, la prima bimba concepita in vitro nel 1978: «Ma quale cicogna, mi portò la provetta»
Quando quasi quarant’anni fa Louise Brown è venuta al mondo, il mondo ha strabuzzato gli occhi. Di suo, quella bimbetta di due chili e 600 grammi era un miracolo: che un essere umano sano potesse nascere grazie ad una fecondazione avvenuta in vitro, per essere esatti su una piastra di Petri (il vetrino delle colture), sembrava assolutamente impossibile, tanto che il parto - un cesareo per ragioni di sicurezza - venne filmato per avere una prova inoppugnabile che Louise, piangente e urlante come tutti i neonati, fosse uscita proprio dal grembo di sua madre Lesley.

EVOLUZIONE
«La cosa che i milioni di persone nate dalla fecondazione assistita in tutto il mondo sanno è di essere stati fortemente voluti dai loro genitori», spiega oggi Louise, generosa nel condividere la sua esperienza di bambina prodigio diventata donna molto normale, con un marito, due figli concepiti naturalmente e una sorella nata anche lei con una fecondazione assistita. «Nel 1978 la fecondazione in vitro sembrava uno strano processo fantascientifico che si intrometteva nell’ordine naturale delle cose, mentre oggi è una cosa comune», racconta la donna. Quando è nata la madre ha ricevuto lettere macchiate di liquido rosso, feti di plastica, provette spezzate e ancora oggi l’attività di conferenziera e scrittrice con Louise completa una quotidianità da impiegata in una ditta di trasporto marittimo la costringe a confrontarsi con troll e insulti in rete.

«La gente sarà sempre sconvolta dal progresso ma fino a quando avremo scienziati e medici che agiscono nell’interesse di chi ha problemi io non ho paura», spiega fiduciosa. 
Il mistero della sua nascita le è stato rivelato «appena prima che andassi a scuola per la prima volta, quando avevo quattro anni» dai genitori, che le hanno «spiegato come la mamma, per farmi nascere, avesse avuto bisogno di aiuto da Bob Edwards e Patrick Steptoe», ossia i due scienziati - un medico e un ginecologo - dai cui sforzi congiunti sono nati Louise e, nel tempo, i sei milioni e mezzo di bambini figli della fecondazione assistita. Edwards ha ricevuto il premio Nobel nel 2010, quando Steptoe era già morto e quando il comitato di Stoccolma aveva avuto ormai modo di constatare che i figli della provetta non solo nascevano sani, ma vivevano e si riproducevano in tutto e per tutto come gli altri. 

SENTIMENTI
«Ovviamente conoscevo i due uomini, erano come dei nonni per me, andavamo a trovarli», ricorda la donna, aggiungendo, con un misto di entusiasmo e modestia: «Non credo di aver capito tutto quel giorno ed è solo negli ultimi anni che ho realizzato quanto la mia nascita sia stata importante per il mondo». Cruciale fu il fatto che il 25 luglio del 1978 nascesse normale, senza difetti, aspetto verificato da ben sessanta esami e test condotti prima ancora che la madre potesse tenerla in braccio e posare per quelle foto piene di amore scattate nell’ospedale di Oldham, vicino a Manchester, che fecero il giro del mondo con titoli simili a quelle della nascita di membro della famiglia reale - «È una bambina»! gridarono i tabloid - e dibattiti infiniti sul profilo morale di un tale evento. Il cardinale Albino Luciani, che da lì a poco avrebbe iniziato il suo brevissimo pontificato come papa Giovanni Paolo I, in un’intervista rifiutò di condannare la coppia, a cui aveva rivolto i suoi auguri, mettendo però in guardia contro il rischio di avere delle «macchine da figli». 

Ogni compleanno della bimba fu oggetto di una notizia, o almeno di un trafiletto sui giornali, e quando Natalie, secondogenita dei Brown, nata quattro anni dopo Louise e ventesima al mondo nata in vitro, partorì un figlio concepito naturalmente nel 1999, la comunità scientifica reagì con sollievo davanti ad un fenomeno che ora si dà per scontato, ma che ha avuto un significato enorme. Per nove anni i Brown, famiglia semplice, marito ferroviere, ormai entrambi defunti, avevano cercato di avere un figlio, senza riuscirci per via di un problema alle tube di Falloppio di Lesley, e per quasi dieci anni Steptoe, che aveva trovato un modo per prelevare gli ovociti, e Edwards, che aveva messo a punto il modo di fertilizzarli, avevano tentato di far nascere un bambino in vitro. Quando avvicinarono Lesley, di Bristol, le dissero che aveva una possibilità su un milione di farcela, anche se non le spiegarono esattamente quello che sarebbe successo il 10 novembre del 1977. 

Nel 1980, fondarono la Bourn Clinic di Cambridge, il primo centro mondiale per l’IVF (“in vitro fertilisation”), e da allora i casi di successo si sono moltiplicati. «Penso che tutto quello che può aiutare la gente ad avere una famiglia sia fantastico», conclude Louise, che di secondo nome fa Joy, Gioia: «Ma io non mi sento affatto speciale».
Ultimo aggiornamento: 23:03 © RIPRODUZIONE RISERVATA