VENEZIA - Niente lieto fine per Michele Ferretto, l'uomo che lavorando quattro mesi da dipendente a chiamata si trova a dover restituire un anno di pensione, nel suo caso 12mila euro. L'inghippo sta nel fatto che il trattamento pensionistico è arrivato con la formula del "quota cento" e a nulla vale il fatto che abbia percepito solo 1600 euro: lo stabilisce la legge. Dopo l'addio al lavoro, nel 2023 Michele Ferretto è tornato a rimboccarsi le maniche con un contratto da dipendente a chiamata, percependo in quattro mesi 1600 euro. Ma l'Inps ha richiedere quanto erogato in tutto l'anno, cioè circa 12mila euro.
Ieri è arrivato il chiarimento dell'Istituto: «per la "quota 100" vi è l'incumulabilità con i redditi da lavoro dipendente o autonomo, ad eccezione di quelli derivanti da lavoro autonomo occasionale nel limite di 5mila euro lordi annui (articolo 14, comma 3, del D.L.
E così, quanto percepito nel 2023 azzera la possibilità di ricevere l'assegno per tutto l'anno perché lo prevede la legge. L'Inps si è però data da fare lavorando la pratica nel più breve tempo possibile e si è detta disponibile ad aiutare l'uomo, per quanto fattibile nei margini di manovra offerti dall'istituzione nazionale: «La sede di Venezia si rende disponibile a valutare la possibilità di un'estensione del numero di rate accordate (60 da 200 euro l'una, ndr), in presenza di documentazione integrativa». Rassicurazioni sono arrivate anche sulle future erogazioni, visto che quando Ferretto ha fatto domanda di ricostituzione della pensione, a dicembre, il compenso di gennaio era già stato "estratto". Però: «con la rata di febbraio 2024, percepirà anche la mensilità arretrata di gennaio 2024», conclude Petrosino.