Delitto Pamio, a Trento è iniziata la revisione del processo a Monica Busetto per l'omicidio della sua vicina: si decide il destino dell'oss mestrina

Mercoledì 24 Gennaio 2024 di il nostro inviato Davide Tamiello
Delitto Pamio, a Trento è iniziata la revisione del processo a Monica Busetto per l'omicidio della sua vicina: si decide il destino dell'oss mestrina

TRENTO - È iniziato, oggi mercoledì 24 gennaio, la revisione del processo a Monica Busetto davanti alla corte d'appello di Trento. A parlare stamane, la procuratrice generale Maria Teresa Rubini e i difensori Alessandro Doglioni e Stefano Busetto che hanno sostenuto il nodo della richiesta di revisione, ovvero il contrasto tra le sentenze di Monica Busetto e Susanna Lazzarini. La decisione della corte d'appello avverrà nella prossima udienza fissata per il venti marzo. Busetto è entrata in aula emozionata in attesa della sentenza che cambierà il suo destino: libertà o conferma della condanna.

LA VICENDA

La vicenda è uno dei gialli veneziani più intricati dell'ultimo ventennio.

Il 20 dicembre 2012 l'87enne Lida Taffi Pamio viene brutalmente uccisa nel suo appartamento di viale Vespucci: strangolata, picchiata e accoltellata. Dopo più di un anno la Squadra mobile di Venezia arresta Monica Busetto, operatrice socio sanitaria del Fatebenefratelli di Venezia, sua vicina di casa. Viene condannata a 24 anni di carcere in primo grado, ma nel dicembre del 2015 ecco la svolta: la notte di Capodanno viene arrestata Susanna "Milly" Lazzarini per l'omicidio di un'altra anziana, Francesca Vianello. La donna confessa aver ucciso anche la signora Taffi Pamio. Busetto viene scarcerata ma in appello (il processo che sembrava doverla liberare per sempre da quell'incubo) arriva la condanna all'ergastolo. La Cassazione impone di ripetere l'appello (ma solo per le aggravanti) e poi l'8 gennaio del 2020 mette la pietra tombale sul caso rendendo definitiva la sentenza: 25 anni di carcere. Per gli investigatori prima e per i giudici poi, la prova regina della colpevolezza dell'oss mestrina sarebbe il Dna della vittima ritrovato su una catenina all'interno di un portagioie di Busetto. Quello che, però, non convinse all'epoca i suoi avvocati e oggi non trova d'accordo neppure i luminari dell'argomento è la quantità di materiale biologico rinvenuta (appena 3 picogrammi) e il fatto che il riscontro positivo sia arrivato solo al secondo esame sul reperto, dopo un primo referto negativo. In Italia nessuno prima d'ora era mai stato condannato per una quantità così bassa di Dna.

IL NODO DELLA REVISIONE

Il giudice per l'udienza preliminare del tribunale di Venezia David Calabria nella sentenza di condanna di Susanna "Milly" Lazzarini, l'ha messo nero su bianco: «Il ruolo di materiale compartecipe nel delitto in imputazione attribuito alla coimputata, giudicata separatamente, Busetto Monica, non ha trovato, alla stregua del compendio probatorio disponibile, adeguato riscontro». È questo il nodo attorno cui oggi la corte d'Appello di Trento ha discusso l'istanza di revisione del processo per la 62enne operatrice socio sanitaria mestrina condannata a 25 anni di carcere per l'omicidio della sua dirimpettaia, l'87enne Lida Taffi Pamio. Gli avvocati della donna, Alessandro Doglioni e Stefano Busetto, che hanno lavorato a lungo sull'istanza di revisione, puntano tutto sul contrasto di giudicati: per lo stesso omicidio sono state condannate due persone (non in concorso) con due sentenze e due processi separati. Da una parte Busetto, appunto, dall'altra Susanna Milly Lazzarini, che aveva confessato il delitto nel 2015, mentre era sotto accusa per l'omicidio di un'altra donna, Francesca Vianello. Un omicidio, due colpevoli.

LE CONFESSIONI

L'altro punto oscuro sono le confessioni (il plurale è d'obbligo) di Susanna Lazzarini. Nei cinque interrogatori (in cui cambia tre volte versione) nomina Busetto 24 volte e in 22 di queste la dichiara estranea ai fatti. Soprattutto nella primissima dichiarazione, quella in cui non sapeva di essere registrata durante un colloquio con il figlio. Messa alle strette, aveva detto al ragazzo di aver fatto tutto da sola e che l'oss mestrina non c'entrava nulla. Dal quarto interrogatorio, però, di fronte ai pm, aveva cambiato versione sostenendo che la donna fosse entrata in quell'appartamento per infliggere il colpo di grazia all'anziana con un coltello. Oggi toccherà di nuovo a una corte, pur indirettamente, valutare l'attendibilità di questa ricostruzione.

Ultimo aggiornamento: 16:32 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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