«Mafia del Tronchetto, cinque secoli di carcere, 27 anni a Boatto e Pattarello»

Venerdì 10 Maggio 2024 di Maurizio Dianese
«Mafia del Tronchetto, cinque secoli di carcere, 27 anni a Boatto e Pattarello»

VENEZIA - Quasi cinque secoli di carcere. La pena più alta, 27 anni, per Gilberto Boatto detto Lolli e per Paolo Pattarello, rispettivamente la mente e il braccio violento della banda dei cosiddetti “mestrini”.

La pena più bassa per Luca Angelon, 1 anno, per armi. È questo il conto finale (esattamente 497 anni) che presenta il pm Giovanni Zorzi ai 53 banditi che, alla guida di Boatto e Pattarello, pretendevano di rinverdire i (ne)fasti della mafia del Brenta di Felice Maniero. Incarcerati nel marzo del 1995, i due erano tornati a Venezia nel 2017 con i primi permessi premio e subito sia Boatto e che Pattarello si erano fatti rivedere al Tronchetto, la loro “riserva del malaffare”. Ai tempi della spartizione del Veneto da parte del boss Felice Maniero, infatti, ai “mestrini” era toccata in sorte sia la parte dello spaccio – a Mestre e Venezia centro storico – sia la parte più ricca del mercato veneziano, quello del turismo organizzato.


REQUISITORIA
Così il pm Giovanni Zorzi descrive Gilberto Boatto nella sua requisitoria: “Ergastolano con una serie di precedenti penali estremamente nutrita (tra le quali figura, con particolare intensità, la partecipazione, quale ideatore, mandante ed esecutore, dell’omicidio Rizzi-Padoan), fin dai primi ritorni nella città lagunare riallaccia i rapporti con Trabujo Loris, figlio di Trabujo Angelo, soggetto nel passato a lui molto vicino. Da quel momento è l’architetto, l’ispiratore, il deus ex machina del ritorno in azione del proprio gruppo, la cui azione è già stata stigmatizzata come mafiosa, che guida con l’aiuto fondamentale di Trabujo Loris, non a caso indicato espressamente come suo unico erede criminale”.
Fianco a fianco con Boatto troviamo Paolo Pattarello, che il pm Zorzi ricorda essere “un po’ refrattario alla moderna cultura telefonica e telematica” per via dell'intercettazione ambientale nel corso della quale – e pare una gag di Stanlio e Ollio - si scopre che né Boatto né Pattarello hanno la più pallida idea di che cosa sia whatsapp e non hanno mai sentito parlare né di smartphone né di touchscreen. Ciò non toglie, sottolinea Zorzi, che Pattarello sia “comunque un braccio operativo indispensabile del gruppo, noto per la sua freddezza e violenza”.
E la pubblica accusa ribadisce che quella del Tronchetto capeggiata da Boatto, Pattarello e Trabujo è una associazione a delinquere di stampo mafioso. Giovanni Zorzi nella sua requisitoria, durata esattamente 60 minuti, ma appoggiata da una memoria consegnata al Tribunale presieduto da Stefano Manduzio di 542 pagine, si è impegnato infatti a dimostrare che la banda ha tutte le caratteristiche della mafiosità. Del resto per associazione a delinquere di stampo mafioso sono già stati condannati sia Boatto che Pattarello i quali, una volta usciti dal carcere, sono tornati a fare esattamente quello che facevano prima e cioè estorsioni, rapine e spaccio di droga, dimostrando una notevole incontinenza, in questo caso criminale. “Certo sono anziani, ma sono omaggiati, rispettati e temuti”. È la storia, dunque, che depone a sfavore dei due delinquenti i quali dimostrano “continuità nel loro operato”. E sarà anche vero che l'anagrafe – 82 anni Boatto e 76 Pattarello - suona come attenuante, ma è indubbio che, se non fossero stati fermati, Boatto e Pattarello avrebbero rimesso in piedi la vecchia e pericolosissima banda, grazie all'innesto delle nuove leve e in particolare di Loris Trabujo il quale, però, avendo scelto il rito abbreviato, è stato condannato, più o meno per gli stessi reati, a soli 12 anni di carcere, meno di metà rispetto ai 27 dei sui compagni di avventura malavitosa.


L’ASSOCIAZIONE
Ma per Trabujo non è stata riconosciuta l'associazione per delinquere di stampo mafioso che invece il pm Zorzi chiede che sia applicata per Boatto e Pattarello e pure per Antonio “Mario” Pandolfo, il quale “paga” salato un incontro con Boatto e Trabuio. “Avevano bisogno di Pandolfo per pianificare una rapina a Gardaland, che poi è stata rinviata solo perché è arrivato il Covid e la struttura ha chiuso”. Dunque Pandolfo non ha fatto la rapina, ma in quanto pezzo grosso della vecchia mafia del Brenta, per lui scatta la richiesta di 21 anni e 6 mesi. Pena pesante è richiesta anche per l'avv. Evita Della Riccia: 8 anni per concorso esterno in associazione mafiosa, “con riferimento alla sua disponibilità nei confronti del gruppo, anche nel ruolo di consigliere in aspetti del tutto esulanti il rapporto professionale”. E addirittura il pm arriva a paragonarla al legale storico di Felice Maniero, Enrico Vandelli. Adesso tocca alle parti civili – Comune, Città metropolitana, Regione, Stato, Cgil - che hanno già quantificato le richieste di danni per un paio di milioni di lire - e poi alle difese. La sentenza per il processo del Tronchetto si avvicina.
 

Ultimo aggiornamento: 17:39 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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