Al termine dell'udienza preliminare, Roberto Rigoli sorride, malgrado sia appena stato rinviato a giudizio: «Per paradosso non vedo l'ora che inizi il processo perché, come ho chiesto ripetutamente anche nel corso delle indagini, potrò essere ulteriormente ascoltato e raccontare come sono andate le cose». Insomma la battaglia è appena cominciata, tanto per il microbiologo quanto per la dg Patrizia Simionato, assistiti rispettivamente dagli avvocati Giuseppe Pavan e Alessandro Moscatelli. Non a caso dopo la lettura del dispositivo, le difese hanno iniziato a discutere con il pm Benedetto Roberti sul materiale da portare in dibattimento, tanto che il 20 febbraio la gup Maria Luisa Materia dovrà pronunciarsi pure sull'ammissibilità delle intercettazioni rispetto a una disponibilità attualmente sterminata: 48 cd di registrazioni, effettuate in 35 giorni di ascolto non solo degli indagati, ma anche di altri manager, di politici, di accademici.
LA FRETTA
La captazione-chiave per l'accusa è quella del 28 agosto 2020, quando al telefono Simionato cerca conferme («Volevo capire se Abbott dichiari idoneo sto prodotto o meno») e Rigoli offre rassicurazioni («Patrizia allora ho fatto il primo, funzionano...»). Dopodiché il coordinatore delle Microbiologie chiede formalmente con un'email al direttore generale di Azienda Zero di deliberare l'ordine: «Ho provato il kit Abbott su alcuni soggetti, il cui risultato era già noto in biologia molecolare e la corrispondenza è sovrapponibile nella totalità dei campioni esaminati». Perché tanta fretta? Secondo la tesi difensiva, i dipendenti del Servizio sanitario regionale avrebbero avuto lo scrupolo di contenere l'esborso per le casse pubbliche. Il preventivo dell'americana Abbott indicava infatti 4,60 euro tampone, mentre solo due settimane prima e cioè il 14 agosto l'offerta migliore in una procedura di affidamento diretto era stata quella della padovana Alifax per 10,80 euro, cioè più del doppio. Un importo da moltiplicare per 480.000 pezzi, in un periodo in cui le ordinanze del ministro Roberto Speranza e del governatore Luca Zaia imponevano lo screening di tutti i turisti in arrivo (e i veneti di ritorno) da Malta, Spagna, Grecia e Croazia. Nel corso dell'udienza preliminare, in particolare l'avvocato Moscatelli ha fatto presente che l'alternativa all'uso dei kit rapidi sarebbe stata l'apertura di "ospedali da campo" negli aeroporti di Tessera, Treviso e Verona e al porto di Venezia, in modo da accogliere e trattenere le persone per almeno 48 ore, il tempo all'epoca necessario per attendere il risultato del tampone molecolare.
I SARDI
La tesi della Procura è che i prodotti, una volta arrivati, dovessero essere validati clinicamente da Rigoli, attraverso un controllo su un campione relativamente ampio di persone, fra 200 e 400, sulle quali riscontrare il risultato reale del test.