Rifiuti, l’ex inceneritore cambia pelle: svolgerà il "desorbimento termico", recuperando rifiuti pericolosi e normali

Lunedì 2 Ottobre 2023 di Francesco Campi
Ex inceneritore di via Amendola a Rovigo

ROVIGO - L’impianto di stoccaggio di rifiuti pericolosi e non pericolosi che sorge lungo la Regionale 88, nell’ultimo tratto nel comune di Rovigo, a Concadirame, dove ancora prende il nome di via Amendola e che svariate decine di anni fa era stato anche un inceneritore, potrebbe cambiare nuovamente pelle, con un progetto ora al vaglio della Provincia.

Il 21 febbraio è stato sottoscritto il contratto di affitto dell’impianto di via Amendola 122 tra la Costruzioni Dondi, proprietaria, e la Ecopol srl, il cui rappresentante legale è Daniele Ferrari. La Dondi ha conseguito nel 2006 dalla Provincia l’autorizzazione allo stoccaggio ed all’accorpamento di 6.240 tonnellate l’anno di rifiuti e nel 2016 l’ Aia, Autorizzazione integrata ambientale, dalla Regione.

CAMBIO D’USO

Con decreto della Regione del 29 giugno è stata autorizzata la voltura dell’Aia con suo contestuale riesame. Poi, il 6 settembre Ecopol ha presentato alla Provincia la domanda di verifica di assoggettabilità a valutazione di impatto ambientale di un progetto che prevede, si legge nella relazione dell’ingegner Pietro Avanzi, «il ridimensionamento in maniera significativa dell’attuale attività di mero stoccaggio, prevedendo l’inserimento di un’attività prevalente e principale di recupero di rifiuti pericolosi e non pericolosi, tramite desorbimento termico, funzionale e connessa all’attività di recupero energetico del sistema di post combustione».

LA NOVITÀ

Il “desorbimento termico” è un termine noto solo agli addetti ai lavori, che potrebbe suonare sinistro riecheggiando proprio la vecchia funzione di quell’impianto, ovvero la termovalorizzazione dei rifiuti, soluzione che sta conoscendo una ripresa e che, seppur produca energia dallo smaltimento dei rifiuti e seppur sia ora realizzata con tecnologie all’avanguardia in grado di abbattere gli inquinanti, non è ancora una soluzione a impatto zero. Tuttavia, il desorbimento termico è un cosa completamente diversa.

I rifiuti, infatti non vengono bruciati, ma riscaldati a temperature tra 90 e 650°C, per far evaporare le sostanze inquinanti volatili presenti al loro interno. «Il desorbimento termico - si spiega nella relazione del progetto - consiste nella separazione fisica di contaminanti organici dalla matrice solida mediante un riscaldamento diretto: tale sistema permette la volatilizzazione e la successiva combustione dei contaminanti organici volatili e semi-volatili contenuti nella matrice di riferimento. La tecnologia del desorbimento termico è applicata, prevalentemente, per il trattamento dei rifiuti contenenti composti organici: tale tecnica è applicabile alle matrici ambientali contaminate da sostanze che vaporizzano a temperature di esercizio utilizzate dalla tecnologia, per trasferire i contaminanti dalla fase solida a quella gassosa. Si basa sulla condizione di favorire la volatilizzazione dei contaminanti volatili e semivolatili, per esempio idrocarburi aromatici, idrocarburi aromatici policiclici, idrocarburi alifatici clorurati, policlorobifenili, clorobenzeni, fenoli, ammine aromatiche, fitofarmaci, diossine e furani, mediante l’incremento di temperatura, per successiva estrazione e distruzione. I rifiuti contenenti tali inquinati, a differenza dell’incenerimento, non vengono distrutti, ma conservano buona parte delle loro proprietà fisiche e possono essere reimpiegati e riutilizzati».

Come si spiega nelle linee guida per l’individuazione e l’utilizzazione delle migliori tecniche disponibili realizzata dal Gruppo tecnico ristretto della Commissione tecnica nazionale istituita dal decreto legislativo 372 del 1999, «rispetto ai trattamenti di termodistruzione, il processo di desorbimento termico presenta i seguenti vantaggi: qualora condotto a temperature sufficientemente basse, può essere esente da alcune problematiche di processo ricorrenti nei trattamenti di termodistruzione (emissioni di policlorodibenzodiossine e polidorodibenzofurani), il terreno decontaminato conserva ancora proprietà organiche e chimiche tali da consentirne anche il riutilizzo agronomico».

Ultimo aggiornamento: 3 Ottobre, 08:03 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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