Escalation Iran-Israele, Gaza diventa un fronte secondario. Hamas si rafforza

Il leader dei miliziani palestinesi non vuole un accordo umanitario, né restituire gli ostaggi

Lunedì 15 Aprile 2024 di Lorenzo Vita
Escalation Iran-Israele, Gaza diventa un fronte secondario. Hamas si rafforza

Mentre i droni e i missili iraniani partivano verso Israele, i funzionari del Mossad ricevevano un messaggio: Hamas diceva no all’ultima proposta di accordo. Una decisione arrivata dopo trattative apparse da sempre in salita. Ma per gli esperti, la scelta dei tempi non è casuale. A confermarlo è la stessa intelligence israeliana, che ritiene che il capo di Hamas a Gaza, Yahya Sinwar, «non vuole un accordo umanitario e la restituzione degli ostaggi e continua a sfruttare la tensione con l'Iran», con il rischio di «un'escalation generale nella regione».

Un rischio calcolato, che serve a Sinwar per trasformare la Striscia di Gaza in uno dei tanti campi di battaglia del conflitto tra Iran e Israele.

NESSUNA ALTERNATIVA

L’ipotesi era stata paventata anche dall’emittente israeliana Channel 12. «Sinwar non ha rinunciato alla sua ambizione di vedere una guerra regionale e ripone le sue speranze in un attacco iraniano e in una risposta israeliana, che potrebbe portare a una unificazione dei vari fronti», avevano riferito le fonti. Ed è anche per questo che il negoziato si è bloccato dopo il raid a Damasco, cui si è aggiunta l’uccisione dei tre figli di Ismail Haniyeh, capo politico di Hamas. Nascosto nei tunnel, Sinwar sa di non avere alternative. O continua a oltranza la guerra sperando che il premier Benjamin Netanyahu sia costretto a cedere, o muore da “martire”. E mentre attende il suo destino, il capo di Hamas a Gaza deve mantenere la leadership dell’organizzazione e ristabilire le forze prima della possibile avanzata israeliana su Rafah. In questo scenario, l’unico alleato di Hamas è proprio l’Iran. Un asse di cui Sinwar è stato uno dei massimi artefici, tanto che nel 2017, appena fu eletto, annunciò il ripristino delle relazioni evocando l’aiuto di Teheran per «liberare la Palestina».

LA FORZA DOPO L’ATTACCO

Dopo l’attacco di sabato, i legami tra Iran e milizie palestinesi sembrano ancora più forti. Soprattutto perché molti Paesi arabi sono ora accusati di avere protetto Israele dallo “schiaffo” iraniano. Hamas ha definito l’operazione come «un diritto naturale e una meritata risposta al crimine di aver preso di mira il consolato iraniano a Damasco e all'assassinio di diversi leader dei Pasdaran». Il plauso è arrivato anche dal Jihad islamico, da sempre vicino all’Iran. E come testimoniato da Reuters, molti abitanti della Striscia si sono sentiti «vendicati». Per quanto l’operazione sia stata vista più come uno show di forza. La “distrazione” di Israele può servire a Sinwar anche per seminare il caos. Ieri, dopo la notte più drammatica degli ultimi mesi per Israele, i media legati ad Hamas hanno iniziato a spargere la voce che i bambini e le donne del nord della Striscia erano autorizzati a rientrare a casa. Le Idf hanno subito smentito quella notizia. Ma nel giro di poche ore, un fiume di gente ha iniziato a spostarsi verso le zone evacuate, complice anche il ritiro delle truppe di terra israeliane dal sud. E secondo fonti palestinesi, le Idf sono state costrette a sparare sulla folla per bloccare l’esodo. Per mantenere il controllo su Gaza, le Tsahal hanno richiamato due brigate di riservisti. Ma per gli esperti potrebbe non bastare. La guerra non riguarda più solo la Striscia, ma è una sfida tra Iran e Israele. E Hamas è solo un anello della cintura di fuoco intorno allo Stato ebraico.

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