Basta con le parole neutre, in Francia una petizione chiede la parità anche nel vocabolario

Domenica 14 Luglio 2019 di Franca Giansoldati
Basta con le parole neutre, in Francia una petizione chiede la parità anche nel vocabolario

Magistrata, ministra, sindaca, presidentessa, chirurga, colonnella, generalessa. In Francia oltre 30 mila tra ricercatori, intellettuali, docenti, scrittori, linguisti, hanno firmato la petizione: “Non vogliamo che il maschile abbia la meglio sul femminile”. L'Accademia francese, una sorta di Crusca, nel marzo scorso aveva riconosciuto il bisogno di apportare delle doverose correzioni alla lingua francese soprattutto ai nomi relativi a mestieri e funzioni, per arrivare quanto prima ad un linguaggio più paritetico e inclusivo.

Spesso anche nella lingua francese si trovano termini che sembrano non prevedere la forma femminile, come scrittore, magistrato, autrice, professore, funzionario che – invece - dovrebbero essere rispettosi del genere. «La regola vorrebbe che quando i due generi, maschile e femminile, si incontrano, il più nobile venga assunto anche se poi nei testi – spiega la linguista Eliane Viennot, in un editoriale che ha pubblicato Le Monde - si è continuato a praticare un accordo di prossimità e di logica, di nome e di importanza, che in qualche modo deriva dal latino». La forma maschile è considerata più generica e ambigua e più portata ad assorbire anche la forma femminile.

Naturalmente all'epoca dei romani quando si parlava di “persone” si includevano sia maschi che femmine automaticamente, i problemi del genere sono sorti successivamente. Anche Oltralpe il tema della lingua come veicolo di parità tra i sessi sta creando non pochi grattacapi linguistici e non tutti sono concordi sul da farsi. Per esempio il ministro Michel Banquer non sembra proprio intenzionato a mettere allo studio le alternative alla regola del maschile che include anche il femminile. Ignorando persino le indicazioni del Consiglio d'Europa che già nel 1990 si faceva carico della questione denunciando con chiarezza che dal linguaggio viene veicolato e alimentato il sessismo.




 

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