Le “abbuffate” alcoliche, in particolare nel fine settimana, mettono i reni a rischio. È l'allarme lanciato in occasione del Congresso di Cardionefrologia 2019, che si terrà a Roma dal 12 al 14 marzo. «Tra i vari comportamenti, quello che preoccupa di più i nefrologi sono i nuovi modelli del consumo di alcol diffusi tra i giovani, con in testa il cosiddetto 'binge drinking', sei o più bicchieri assunti in una sola serata per cercare lo 'sballò e la perdita di controllo», evidenzia Luca Di Lullo, responsabile scientifico dell'evento.
© RIPRODUZIONE RISERVATA Il fenomeno come sottolinea il Ministero della Salute nella relazione annuale al Parlamento, interessa circa 8,6 milioni di italiani che hanno una modalità di bere a rischio. Nel 2017 riguardava il 17% dei giovani tra i 18 e i 24 anni e 800 mila minorenni, che non si limitano più a consumare vino o birra ma si sono spostati verso cocktail, liquori e distillati. «L'eccesso di bevande alcoliche è un noto fattore di rischio di insufficienza renale - spiega l'esperto - il danno può facilmente diventare cronico anche perché le malattie renali sono silenti sino agli stadi più gravi. Negli ultimi anni abbiamo assistito a casi di giovanissimi per i quali è stata necessaria la dialisi per contrastare gli effetti di tossicità acuta delle bevande alcoliche. Il consumo sia acuto sia cronico può compromettere la funzione dei reni che non riescono più a regolare la quantità di fluidi ed elettroliti nell'organismo». «L'alcol e i suoi sottoprodotti tossici - conclude Di Lullo - sono in grado di mandare in tilt anche l'equilibrio ormonale che regola la pressione sanguigna e la produzione di globuli rossi. Inoltre l'effetto diuretico porta ad urinare di più e più spesso alterando l'equilibrio di sodio, potassio, calcio e fosfati. Aumenta anche la pressione arteriosa». (ANSA) Y09-SAM