Carceri, il piano Nordio: «Spostare nelle caserme i detenuti meno pericolosi»

Il Guardasigilli a Torino dopo il suicidio di due carcerate in 24 ore: «Risorse limitate»

Domenica 13 Agosto 2023 di Michela Allegri
Carceri, il piano Nordio

Tre decessi nel giro di due giorni. Prima due donne che si sono tolte la vita - una suicidandosi e l’altra lasciandosi morire di fame e di sete - nel carcere Lorusso e Cutugno di Torino, poi, ieri, un uomo che si è impiccato nella sua cella nella casa di reclusione di Rossano. «Ogni suicidio in carcere è un fardello che ci angoscia», ha detto il ministro della Giustizia, Carlo Nordio, iniziando una conferenza stampa proprio dalla casa circondariale di Torino.

La convinzione è che il problema sia grave e debba essere risolto nel più breve tempo possibile. Sul tavolo, una proposta c’è già: il Guardasigilli punta sulla detenzione differenziata. «Tra i detenuti molto pericolosi - ha spiegato Nordio - e quelli di modestissima pericolosità sociale c’è una situazione intermedia che può essere risolta con l’utilizzo di molte caserme dismesse e che hanno spazi meno afflittivi». Costruire nuove case circondariali «è costosissimo, è impossibile sotto il profilo temporale - ha aggiunto il ministro - ci sono vincoli idrogeologici, architettonici, burocratici. Con cifre molto inferiori possiamo riadattare beni demaniali in mano al ministero delle Difesa compatibili con l’utilizzazione carceraria».

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LE STRUTTURE

Significa che chi è stato condannato con pene brevi e per reati bagatellari, che non destano allarme sociale, potrebbero avere in futuro un trattamento detentivo differenziato, appunto, meno pesante, in strutture da riadattare e rendere idonee, ma che hanno una conformazione compatibile con le carceri, con muri, garitte, locali chiusi e anche spazi aperti che potrebbero essere utilizzati per il lavoro e per lo sport. Saranno i singoli provveditorati regionali dell’amministrazione penitenziaria a contattare le articolazioni del demanio e del ministero della Difesa, a livello territoriale, per effettuare una ricognizione delle caserme disponibili.
Nordio ci ha tenuto a precisare che la visita al carcere Lorusso e Cutugno non è stata «un’ispezione, né un intervento cruento, ma di assoluta vicinanza: chi meglio di un ministro che ha svolto per quarant’anni la funzione di pubblico ministero conosce i disagi delle situazioni penitenziarie?», ha detto, rispondendo alla protesta dei detenuti al suo arrivo nel carcere Le Vallette. «Bisogna garantire l’umanità del detenuto e il trattamento rieducativo», ha aggiunto Nordio. E ancora: «Questa visita è una manifestazione di vicinanza del ministro e del suo staff in questo momento di dolore anche alla direzione e alla polizia penitenziaria, che soffre di gravi carenze di organico e di difficoltà operative che sono da subito, dall’inizio di questo governo, all’attenzione massima del ministero». Vicinanza che è stata espressa anche ai familiari delle vittime. La prima è Susan John, nigeriana, detenuta con fine pena nel 2030, mamma di un bambino: si è lasciata morire di fame e di sete. La seconda è una giovane di 28 anni, con problemi di tossicodipendenza alle spalle, che si è impiccata venerdì 10 agosto. Mentre il ministro era in riunione con la direttrice del carcere, Elena Lombardi Vallauri, dalle celle i detenuti hanno iniziato a urlare: «Libertà, libertà», battendo contro le sbarre delle celle con oggetti metallici. «Lo Stato non abbandona nessuno», ha detto Nordio, mentre i sindacati, l’Osapp e il Sappe, hanno sollevato la questione della carenza di personale e hanno chiesto un tavolo permanente. 

LE REAZIONI

«È urgente intervenire, ma il carcere non sembra una priorità per questo governo», ha detto Debora Serracchiani, responsabile giustizia del Pd. Mentre Augusta Montaruli, vicecapogruppo di Fratelli d’Italia alla Camera, ha sottolineato che «la visita di Nordio alle Vallette è un segnale importante». Il sindaco di Torino, Stefano Lo Russo, ha ringraziato il ministro «per la vicinanza». Mentre i garanti comunale e regionale dei detenuti, Monica Gallo e Bruno Mellano, hanno lanciato alcune proposte, soprattutto per «evitare il rischio di emulazione di suicidio». «Nessuno dietro le sbarre deve sentirsi condannato a morte» ha detto invece l’arcivescovo di Torino, monsignor Roberto Repole.

Ultimo aggiornamento: 15 Agosto, 09:41 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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