Carla Caiazzo, il compagno le diede fuoco: «Oltre 40 interventi per sorridere a questo 8 Marzo»

Venerdì 8 Marzo 2019 di Mario Fabbroni
Carla Caiazzo, oggi e, a destra, prima delle fiamme appiccate dal suo ex

«Sono un miracolo che cammina. Ero morta, bruciata viva dal mio ex: invece oggi, tre anni dopo l'agguato di quel 1° febbraio 2016 in una strada di Pozzuoli, guardo la mia bambina e ringrazio Dio che non mi ha voluto lassù».
Carla Caiazzo, 42 anni il prossimo aprile, è sempre una bella donna. Ci sono volute più di 40 operazioni chirurgiche per cancellare i danni del fuoco in ogni lembo del corpo, volto compreso, provocati dal suo ex compagno Paolo Pietropaolo, condannato anche in Appello a 18 anni di reclusione per tentato omicidio, stalking e procurato aborto. Già, perché Carla era incinta quando venne ricoperta di benzina e fu avvolta dalle fiamme.

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Cosa ricorda?
«L'ultima frase pronunciata dal mostro: «Voglio vedere se ridi ancora...». Ora vorrei dirgli: non solo non sei riuscito ad uccidermi, ma io rido spesso».

Io rido ancora infatti è il nome dell'associazione che lei ha fondato, in difesa delle donne maltrattate...
«Mi scrivono in tante, sempre di più. Fino a qualche mese la pagina Facebook veniva gestita da un'altra persona, invece ora ho deciso di rispondere personalmente a chi chiede aiuto».

Odia gli uomini?
«Macché, gli uomini servono. Serve l'amore, la vita di coppia. A mia figlia non insegnerò mai l'odio».

Come si chiama la sua bambina?
«Giulia Pia. Giulia è un nome che mi è sempre piaciuto, ma sono anche molto devota a Padre Pio. È nata quando tutti pensavano che sarebbe stata l'unica superstite: all'ospedale Cardarelli di Napoli, infatti, i medici salvarono innanzitutto la mia bimba. Io ero messa davvero male, non avevo troppe speranze».

Invece il suo fisico ha reagito bene.
«Il professor D'Alessio non voleva crederci. Oggi, dopo ogni operazione di ricostruzione di parti del mio corpo, mi ripete che ho la pelle dura».

Com'era Carla Caiazzo prima di vedere la morte molto da vicino?
«Ero bella, pesavo una cinquantina di chili. Infatti in ambulanza dissi soltanto che ero incinta, temevo non si notasse. Ora ho una decina di chili in più ma ho trovato l'uomo giusto. Sono una donna serena».

Come ha fatto a perdonare?
«Mica ho perdonato il mostro... No di certo. Ma non sono più arrabbiata. Il mio era un amore malato, ma ho capito che pure io avevo problemi. Ecco perché affermo che bisogna allontanare quelli che ti infliggono botte, maltrattamenti, comportamenti di possessione. Troppo spesso le donne restano accanto agli uomini che fanno violenza, sperano che cambino. Invece le persone non cambiano».

Sua figlia è stata fondamentale, ma a chi altri si deve la rinascita?
«A Dio innanzitutto, sono molto credente. Poi al mio compagno, Vincenzo: è stato accanto a me in silenzio, mi sono accorta che c'era sempre. Una presenza rassicurante. Ci conoscevamo già, solo dopo è sbocciato l'amore. Poi devo molto ai medici che piano piano mi hanno restituito la voglia di vivere e di mostrarmi alla gente».

Quanto tempo ha impiegato per tornare alla vita quotidiana?
«Sono sempre stata chiusa in casa fino a quando non mi sono vista nello specchio con un aspetto accettabile. Chiedevo spesso a Dio: perché mi hai fatto vivere?».

Cosa manca al pieno recupero?
«Qualche operazione per cancellare le ultime cicatrici, ma sto migliorando psicologicamente. Non recupererò la completa mobilità della mano destra, quindi difficilmente tornerò al mio lavoro: operatrice in un beauty center».

Festeggia l'8 marzo?
«No, non c'è affatto da festeggiare.

Gli uomini sbagliati sono dei finti emancipati, mostrano grande debolezza attaccando le donne fino a provare a distruggerle. Dico soprattutto alle ragazze di oggi: non curate solo il vostro aspetto esteriore, si arriva ovunque soprattutto mostrando di avere cervello».

Ultimo aggiornamento: 12:05 © RIPRODUZIONE RISERVATA