Influenza aviaria, contagiati anche cani, gatti e delfini negli Stati Uniti. L'Oms: «Casi umani sottostimati»

Uccelli e bovini e non solo: anche alcuni mammiferi contraggono la malattia

Giovedì 9 Maggio 2024
Influenza aviaria, contagiati anche cani, gatti, delfini, volpi e orsi negli Stati Uniti

Non solo bovini e uccelli: tra i contagiati dall'influenza aviaria, secondo quanto riporta il New York Times, anche i mammiferi come cani, gatti, visoni, orsi polari, volpi, foche e leoni marini fino ad alcune specie in via d’estinzione.

Il ceppo H5N1 dell’influenza aviaria rischia di diventare endemico tra i bovini USA, con l’alta probabilità di mutazioni e di conseguente diffusione tra gli esseri umani.

Questo secondo quanto riportato da una serie di esperti sentiti dalla rivista Nature. Nuovi dati mostrano che il virus può effettuare il salto di specie tra mucche e uccelli, una caratteristica che potrebbe consentirgli di diffondersi in ampi territori.

Sempre più specie sono suscettibili al virus e come la pandemia da Covid 19 ha insegnato, più un virus è in grado di circolare tra specie animali e maggiore è la possibilitò di mutazioni, migliorando la sua adattabilità.

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«Nella mia carriera non ho mai visto un virus che espandesse la sua gamma di 'ospiti' in questo modo», ha spiegato Troy Sutton, un virologo che studia i virus dell'influenza aviaria e umana alla Penn State University.

È il caso di preoccuparsi?

Negli ultimi 20 anni sono stati segnalati meno di 1000 casi di infezione da H5N1, uno di recente in Texa, ma con un tasso di mortalità del 52%, quindi molto alto, e con un forte neurotropismo del virus, cioè con un'affinità con le cellule del sistema nervoso. Ma non sono stati segnalati casi di contagi tra umani. Non si sa se ciò potrà mai verificarsi, ma trattandosi di un virus influenzale, in grado di andare incontro a una forte ricombinazione genetica, non bisogna trascurarlo.

Per questo motivo, la sorveglianza eco-epidemiologica risulta fondamentale: seguire l’evoluzione e gli habitat del virus, nonché monitorare e valutare i meccanismi di trasmissione è di primaria importanza per pianificare interventi e gestire le epidemie. Senza dimenticare che il 70% delle malattie infettive emergenti che colpiscono l’uomo derivano dal mondo animale, per cui la storia insegna che il rischio per la salute umana rimane potenziale ma, come detto dall’Oms, Organizzazione mondiale della sanità, e dalla Woah, Organizzazione Mondiale per la Salute Animale non del tutto impossibile.

Per cui è auspicabile la collaborazione tra i vari settori della salute animale e umana, in quello che sarebbe un esempio di approccio One–Health.

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