Lo stop al test di Medicina divide. Zaia: «In Veneto mancano 3500 medici», l'Ordine: «Avremo migliaia di disoccupati»

Per i rappresentanti del sindacato Anaao è un «colpo di grazia alla sanità»

Giovedì 25 Aprile 2024 di Angela Pederiva
Test di medicina

VENEZIA - Tecnicamente si chiama “Delega al Governo per la revisione delle modalità di accesso ai corsi di laurea magistrale in Medicina e chirurgia, in Odontoiatria e protesi dentaria e in Medicina veterinaria”.

Di fatto il testo-base adottato ieri dal comitato ristretto della commissione Istruzione al Senato, «praticamente all’unanimità» secondo i sussurri di Palazzo Madama (la seduta è durata appena un quarto d’ora), promette di essere l’inizio della fine per il numero chiuso nella formazione dei futuri camici bianchi: iscrizione al primo semestre senza prova d’ingresso e ammissione al secondo subordinata al superamento degli esami. «Era ora: i grandi chirurghi e i medici si selezionano durante l’iter degli studi e poi si confrontano in sala operatoria e in corsia. Non certo con un assurdo sbarramento iniziale con test a crocette», esulta il presidente Luca Zaia, rilevando «una carenza di 50.000 in Italia e 3.500 in Veneto», mentre a livello nazionale i vertici della categoria parlano di «colpo di grazia alla formazione» (Pierino Di Silverio, sindacato Anaao-Assomed) che causerà «migliaia di disoccupati» (Filippo Anelli, Federazione degli Ordini).

LA RIFORMA
Le prove selettive di quest’anno restano confermate a maggio e a luglio. L’obiettivo del fronte parlamentare trasversale è invece di introdurre, a partire dall’anno accademico 2025/2026, la riforma finalizzata all’iscrizione libera. Il disegno di legge prevede che vengano individuate le discipline in area biomedica, sanitaria, farmaceutica e veterinaria che gli studenti dovranno superare nel primo semestre per poter essere ammessi al secondo. In caso di bocciatura, saranno riconosciuti i crediti formativi utili per cambiare facoltà. I ministeri dell’Università e della Salute dovranno “individuare le modalità per rendere sostenibile il numero complessivo di iscrizioni al secondo semestre, anche attraverso il potenziamento delle capacità ricettive”, nonché (ed è il punto cruciale, visto che a mancare non sono i laureati, bensì gli specialisti) “garantire l’allineamento con i posti disponibili per l’accesso ai corsi di formazione post lauream”, anche introducendo “un sistema di monitoraggio dei fabbisogni del personale”. 

LA POLITICA
Il ministro forzista Anna Maria Bernini (Università) è fiduciosa: «Sappiamo che nei prossimi anni potremo formare almeno 30mila futuri nuovi medici, ai quali dobbiamo garantire una preparazione di qualità, attenta soprattutto alle opportunità che le nuove tecnologie offrono in campo medico». Sottolinea il leghista Roberto Marti, presidente della commissione Istruzione: «È stato un lavoro intenso che ha trovato la massima convergenza di tutte le forze politiche». Il dem Andrea Crisanti, segretario della commissione, conferma la sostanziale condivisione del centrosinistra, al di là di alcune criticità sul percorso: «In particolare, il Partito Democratico ha evidenziato come le procedure proposte non permettano agli studenti che non abbiano raggiunto i requisiti per proseguire gli studi a Medicina di ripetere la procedura di ammissione. Inoltre, il testo identifica solo dei criteri minimi di accesso al corso di laurea, senza chiarire come venga stilata la graduatoria che deve necessariamente stabilire gli studenti che possono proseguire il percorso di studio in base al numero programmato». Quest’ultimo infatti rimane, rimarca il relatore meloniano Franco Zaffini, perché ad essere abolito è «il famigerato Tolc» e cioè «una valutazione estemporanea, improvvisata, frutto di fortuna». Musica per le orecchie dei leghisti veneti. «A novembre 2021 il Consiglio regionale aveva approvato la mia mozione per chiedere al Governo l’abolizione del numero chiuso al corso di laurea e aumentare i posti di specializzazione», ricorda Giuseppe Pan, d’accordo con Sonia Brescacin sul fatto che la selezione vada svolta «durante il percorso di studi» e non «con un aleatorio test a crocette».

LA SANITÀ
Anche per l’infettivologo Matteo Bassetti si tratta di «una riforma ben fatta». A nome degli Ordini dei medici, invece, il presidente Anelli dissente: «Siamo nettamente contrari, e questa non è assolutamente una norma di buon senso. Eliminare il numero chiuso a Medicina significa che fra 10 anni, il tempo necessario per formare un medico, avremo una pletora di laureati che non avranno possibilità di trovare un posto di lavoro come medici. Produrremo solo dei disoccupati». Il sindacalista Di Silverio promette battaglia: «Chiameremo a raccolta tutti gli studenti e gli specializzandi, tutta la categoria, promuovendo raccolta firme e manifestazioni in tutta Italia affinché tutti abbiano la consapevolezza che questo è il colpo di grazia alla formazione medica, alla professione e soprattutto al sistema di cure pubblico». È delusa pure l’Unione degli Universitari, ma per il motivo opposto: secondo Federico Amalfa, il Governo dovrebbe addirittura «puntare a un serio superamento della programmazione».
 

Ultimo aggiornamento: 17:10 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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